venerdì 3 giugno 2011

Prim'omaggio

Il primo maggio 2007 l’idea è quella di andare a Cervia per la festa degli aquiloni. Abbiamo solo Giulio, che ha due anni e mezzo; Francesco nascerà l‘anno successivo.
Ora purtroppo la rimozione ha giocato brutti scherzi, ma ricordo chiaramente il paio d’ore di auto in coda nei pressi di Mirabilandia, dove andammo l’anno precedente e devo dire che non fu così drammatico come tutti state pensando.
Insomma riusciamo a parcheggiare ed a raggiungere la spiaggia, stipata di famiglie che vagano di qua e di là dalle transenne che proteggono i partecipanti alla gara, almeno credo, perché come al solito non capisco quasi un cazzo di ciò che sta succedendo.
Dopo un paio di “Oooh guarda l’aquila – Oooh guarda il pesce” e una decina di foto orrende, l’unico posto dove potersi fermare a cambiare il pannolino è un ombrellone dotato di sdraio, al momento non utilizzato dal cliente dello stabilimento. Pertanto Angela si siede e Giulio comincia a scavare nella sabbia ed agire genericamente.
Una bambina di circa 8 anni ci guarda dall’ombrellone di fianco con gli occhi di Damien, quello della Maledizione Di, e dice: “Voi non potreste neanche stare qui”.
Essendo sia per legge che per mia natura impossibilitato ad uccidere una minorenne, mi alzo e vado verso l’edificio con l’intenzione di affittare un ombrellone per la giornata. Dentro il bar, un sacco di bei giovani abbronzati in canottiera agiscono genericamente con le mani piene di mojiti e birre, e il cassiere si fa i cassi suoi. D’altronde è un bel giovane abbronzato in canottiera, cosa vuoi mai. Gli chiedo per l’ombrellone e lui, scandalizzato per essersi sentito chiedere un ombrellone al bar, mi manda là di dietro dal proprietario. Ci metto un po’ a trovare il là di dietro, che è un’altra cassa dove il proprietario, già un pochino più agée, si sta abbuffando fuori orario con un risotto alle vongole. Gli chiedo un’ombrellone, e mi risponde più o meno “Wof boff, aff aff Woowaga” indicando qualcosa con la forchetta. Rispondo “Sì sì grazie, ci penso io” e torno dalla famiglia, convincendoli ad andarcene.

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