Nel 1989 prendevo ancora la corriera ogni mattina alle 6:20 per recarmi a Bologna nell’ultima delle varie scuole che avevo mutato. Mutevole era pure il percorso della linea all’interno del paese di Monghidoro: nell’ultima versione da me frequentata salivo davanti alla pesa, e da lì a 200 metri c’era la fermata successiva nella piazza principale, dove salivano i più. I più mi hanno detto che spesso, quando salivano, ero già addormentato. Negli ultimi tempi, grazie al walkman Aiwa, riuscivo ad isolarmi dal rumore dei rompicoglioni che salivano a Pianoro (qui si potrebbe aprire un dibattito sul mio razzismo nei confronti dei pianoresi), quindi dormivo piuttosto bene finchè qualcuno non mi svegliava all’ultimo istante giusto in tempo per catapultarmi fuori dal portellone all’ultima fermata di Via Murri. Nel walkman ricordo grandi quantità – grazie a Fabrizio – di Christy Moore, Alan Stivell, Pentangle, Hatfield & The North, Peter Gabriel, brani miei, e il magnifico BLONDEL degli Amazing Blondel.
Arrivavo quasi sempre in ritardo a scuola, non per colpa mia, ma causa a) le contorsioni della Futa, b) la deviazione nella zona industriale di Pian di Macina e c) il traffico da Rastignano in avanti. D’altronde per essere a scuola alle 8:15 sembrava a tutti un pò eccessivo prendere la corriera precedente. A volte però l’ho fatto. A volte era anche molto bello, sempre sulla linea delle 6:20, scendere a Loiano e acchiappare al volo la corriera che veniva dalla fondovalle Savena e saltava il giro di Pian di Macina, quindi arrivava molto prima e c’era più tempo per la colazione all’arrivo. Una volta però, con Rimba, non riuscimmo nell’acchiappo e rimanemmo a Loiano come due babbei.
Ma la cosa migliore di tutte era trovare un passaggio in auto, cosa piuttosto rara a quell’orario. Io e Rimba in quel periodo eravamo capitati nella stessa classe a causa delle mie ripetenze, ed eravamo quotidianamente attaccati come due fratellini spauriti. Si dà il caso che ogni tanto beccavamo Gag che andava a lavorare con la sua veloce Uno Turbo. Quella mattina, oltre al solito sottofondo musicale piacevolmente ardito per il pre-alba che purtroppo non ricordo nel dettaglio, Gag ci rese partecipi di un micidiale cannone di marijuana, forse prefabbricato la sera prima. Allegri e fumanti giù dalla Fabbrica, arrivammo dunque in città con largo anticipo e piuttosto alienati. Tutta Via S. Stefano a piedi non ci fece certo smaltire la psichedelia, anzi Rimba volle fermarsi ad un paio di bar per bere un bicchiere di vino rosso e, se ben ricordo, un martini. Io mi limitai a cappuccini e tramezzini. Entrammo quindi in aula ad affrontare un compito di italiano, ma non uno qualunque: era la prova generale per l’esame di maturità. Ora non ricordo nulla né dei temi proposti, né di quello scelto, né dello svolgimento. Ricordo invece benissimo che il mio voto fu 9, e quello di Rimba 4.
A volte Rimba mi piaceva molto, come quando rispondeva al telefono a clienti di suo padre e nel mezzo della conversazione si strofinava la cornetta sul pacco. Oppure quando rispose all’assessore architetto Farini che voleva comprargli un portafoglio Timberland per 10.000 lire “per diecimila ti do in bocca”.
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