venerdì 3 giugno 2011

Pasqetta 2011

Pasqetta, gita all’acquario di Livorno. La sveglia delle 6:00 sul Nokia di Angela non ha funzionato (abbiamo capito il perché verso le 16:45, quando ha poi suonato) pertanto ci siamo precipitati in stazione ferroviaria S.B.V.S. tentando di prendere due interi e un ridotto andata e ritorno dalla macchinetta satanica, senza soldi cambi, senza resto, non riuscendo a farLe digerire le banconote. Insomma ci siamo presentati dinanzi al treno mentre stava chiudendo le porte, e ce le hanno riaperte.

Dopo il cambio treno a Firenze Rifredi arriviamo a Livorno, prendiamo il bus, arriviamo all’acquario. Fila per entrare. Nel frattempo per ingannare l’attesa si possono fare le foto ai bimbi insieme al cartonato del polipo, ma bisogna fare la fila. Entriamo e francamente non mi pare che Giulio e Francesco siano particolarmente entusiasmati da pesci, sqali, razze, ma probabilmente mi sbaglio. Interessa molto fare la foto con lo sqalo finto a grandezza naturale, e dentro il guscio di tartaruga; bisogna però aspettare che abbia finito una famiglia micidiale con 7/8 bambini.
Non si può usare il flash, è scritto dovunque a caratteri enormi, e con un bel logo che capirebbero anche i birmani dislessici. Prendo il mio tempo per regolare la mia piccola fotocamera digitale sugli ISO 400, ed il problema è risolto. Un napoletano (anzi, per non essere tacciato di razzismo, un bergamasco) continua a fotografare il suo rumoroso figliolo di fronte a cernie e pesci palla, lanciando bordate di flash che darebbero noia anche a Stevie Wonder.

Usciamo e tentiamo di nutrire la prole presso uno dei due “chalet” adiacenti. Dopo 30 minuti di attesa seduti al tavolo cercando di arginare i danni provocati dai due minorenni a posate tovaglioli e bicchieri, nessuno viene a prendere l’ordine, allora mi incazzo e convinco la famiglia ad andarsene. La famiglia mi bersaglia di insulti.
A seguito di un vagare a piedi nel quartiere, entriamo in una fetida pizzeria al piano primo di un condominio da ristrutturare, ma ne usciamo subito per poi ripararci presso un’altra pizzeria, dove però a pranzo non fanno la pizza, e la frittura che avrebbe preso volentieri Angela era finita causa clientela pasqale. Incredibile come non avessi fame. Prendo un misero carpaccio misto, che era poi tonno, spada, insalata, pomodoro e aglio, e ne do metà a Giulio che sta abbaiando dalla fame. In seguito Giulio e Francesco si sono violentemente contesi una breve terrina di penne al pesto, versandoci anche dentro un bicchiere d’acqua gasata, e Angela ha sfidato il lunedì con uno spaghetto alle vongole. Conto veloce senza ricevuta 45 euro. Angela protesta: a seguito di ricalcolo diventano 36 euro. Andiamo a prendere i gelati in una yogurteria vicino al condominio di prima. Non si capisce un cazzo tra frappè con nomi strani e misteriosi accessori (cereali, orsetti, Raffaello, cioccominchie varie) con cui fare aspergere il gelato allo yogurt nelle coppette da un gusto e due gusti, che poi il gusto è sempre uno: yogurt.
Sento tirare uno sciacquone, e mentre mangio il gelato vedo sopra di me un tubo che fuoriesce da un pilastro condominiale. La merda passa proprio da lì.

Cerchiamo un posto balneare per fare arrivare l’ora del treno di ritorno, che è tra cinque ore. Dopo un altro lungo vagare, scartiamo una discarica con tanto di fuoriuscita fognaria di larghezza circa 2 metri ed approdiamo in una spiaggetta ghiaiata piena di cicche e cocci. Giulio si sveste e girovaga, Francesco si addormenta. Forse è lì che perdo le chiavi di casa, oppure in uno dei cinque treni, oppure in giro con Francesco in braccio, non saprei.

Il treno dell’ultimo tratto di ritorno, il regionale Prato – Bologna, è stipato già venti minuti prima di partire. Mi siedo con Giulio di fronte ad una coppia di enormi mormoni rumeni, uomo e donna, vestiti completamente di bianco, che si vogliono palesemente molto bene. Poi vedo sedersi vicino a me Angelo Rizzi, l’uomo del mantra “aiutatemi che sono messo male”. Stavolta avrei voluto dirglielo io.

Il giorno dopo entro negli studi di BO210 prima di registrare la mia trasmissione, e accenno un saluto a Danilo Masotti in una pausa spot. Lui mi cattura immediatamente lanciandomi in diretta a raccontare quanto sopra, il che mi piace moltissimo.
Tengo peraltro a precisare che l’utilizzo della Q in Pasqa, sqalo e qore è copyright di Masotti.

3 commenti:

  1. Si dice copiràit, con l'accento sulla a.

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  2. Una cosa di Maso che accetto ma non riesco a condividere e mettere in pratica è il boloinglese. Dopo tanti anni passati in trincea a combattere gli zagaglioni che cantavano smoke on the water blaterando, e la ricerca spasmodica di film in lingua originale...

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  3. ....Ho visto John Waine,
    end i'm sgoment,
    cocaine.

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