venerdì 24 giugno 2011

Il Gatto

IL GATTO

Vidi per la prima volta il Gatto di Loiano, incredibile a dirsi, a Loiano. Era il 1983 e affrontavo il mondo extracomunale con un certo timore e spaesamento in compagnia dell’amico Jeeg, che mi portava con la sua 127 al Bar Corona, locale di cui conosceva diversi clienti. Ricordo questa saletta fumosa piena di sconosciuti leggermente abbrutiti da alcool e droghe. Mi si parò davanti il Gatto, che col suo migliore sguardo penetrante mi chiese una sigaretta. Gliene diedi una, era un po’ strafugnata e ricurva perché il pacchetto in tasca si era piegato. La esaminò volgendo la curvatura verso il basso e, rivolgendomi un’occhiata truce, disse “Con questo cosa vorresti insinuare? Che ho l’oca morta?”

L’anno dopo fu supporter della band di Revega nella monumentale e celebre serata del 21 agosto: sempre preso dall’incontenibile desiderio di suonare ogni strumento disponibile in ogni occasione, ottenne di sedersi alla batteria per eseguire un sottofondo soft durante gli intermezzi cabarettistici di Paolo Bacci e del Dott. Boldrini. Altre volte si esibiva alla chitarra, con Gigi alla batteria.
Dopo un anno ancora, ero a suonare insieme a lui nei Big Fest. Peccato perché era tutt’altro che un cretino, ma la totale mancanza di studi, disciplina ed equilibrio mentale lo rendeva piuttosto imprevedibile.
Una domenica pomeriggio lo aspettavamo alle prove già da un’oretta; arrivò, e con grande flemma cominciò a spolverare la batteria. La esaminò meglio e decise di smontarla pezzo per pezzo, pelli e bulloni compresi, per lucidarla con una specie di Sidol. Noi guardavamo ed attendevamo senza una parola. La rimontò con cura, prese tra le mani il rullante, lo girò, lo rigirò, lo rigirò ancora, sfondò con un pugno la pelle a contatto con la cordiera, staccò accuratamente ogni residuo di pelle, posò il rullante sul sostegno e disse “Ecco sono pronto”. Nel silenzio agghiacciante, la prima cosa che mi venne da dire fu “Scusa, ma adesso come fai a suonare senza la pelle che fa vibrare la cordiera?” Lui: “Ma che cazzo dici? – TACK TACK – Ah… hai ragione”. Me ne andai sconvolto.

Va bè che anch’io, quella volta che prima delle prove collassai a casa di Gigi, non ero proprio affidabilissimo. Però grazie alla professionale assistenza di Gigi (sdraiato sul letto, gambe in aria, alcool sulle caviglie) tornai come nuovo. Un po’ stanchino però.
Da quella volta imparai a gestire i collassi da pesante droga leggera, me ne capitarono altri tre o quattro. Uno però non riuscii a gestirlo: di sera, uscito dall’auto per orinare, cominciai a vedere l’orizzonte dondolare e mi risvegliai a Castel Dell’Alpi, osteria lo Stragatto, su una sedia e con le gambe sul tavolo. Quando qualcuno stava male non lo portavano mica al pronto soccorso, lo portavano allo Stragatto.

Ma torniamo al Gatto: durante un’altra prova tentavamo di coverizzare In The Court Of The Crimson King, e ho detto tutto. Nel brano, al momento del solista di flauto - che avrei imitato con la tastiera – la batteria si ferma e restano solo basso e flauto. Il Gatto invece partì con un roboante solo di batteria, e alle nostre rimostranze rispose “Ragazzi, le canzoni degli altri sono come dei quadri. Stanno appesi lì, li guardi, sono belli, ma non puoi aggiungerci nulla”.
Insomma cominciò il mio primo allontanamento dai Big Fest. Volendoci tornare, dovetti suonare io la batteria. Il secondo allontanamento fu poi nel 1998, stranito dal cambio di residenza, ed il terzo che sta perdurando tuttora a causa dei figli. No, lo dico, che delle volte pensiate che io sia sereno.

A proposito di quadri, il bar di Sabbioni esponeva una permanente delle sue opere. Un giorno mi scappò di girare un suo quadro, volevo vedere il retro. C’era scritto: lire 5000 trattabili.
Famoso il suo haiku pronunciato mentre piallava le ringhiere in legno del Bar Del Corso. Qualcuno gli fece notare che stava piallando nel senso sbagliato, e lui gli rispose: “Ascolta… vendi la lavatrice e compra un phon”.
Un altro aforisma lo espresse reggendosi alle maniglie della corriera da Loiano a Monghidoro: “Un giorno qui resteranno solo le maniglie…” e, guardando l’obliteratrice “…e la buchetta delle lettere”.
Un pomeriggio andavo a Bologna con L, io e lui soli nel suo Ducato 9 posti, per incontrare un suo conoscente che ci avrebbe rifornito di qualcosa. Ci fermammo al semaforo rosso, a Loiano: il portellone laterale si aprì all’improvviso e il Gatto si fiondò dentro con naturalezza. “Dove andiamo?”
Una sera era in pizzeria Windy a fare delle canne con l’origano. Poi mi chiese in prestito 5000 lire: quando gliele diedi, estrasse un foglietto con un lungo elenco di debiti e vi aggiunse il mio. Poi si studiò un pò il foglietto, e chiese a Sabrina che era seduta vicino: “Sabrina… secondo te un uomo può valere dei soldi?” Lei rispose di no, ed il Gatto accartocciò l’elenco e lo gettò.
Un’altra volta ero al bancone del bar con R, e mi chiese 200 lire. Dopo averle ottenute, disse: “Grazie. Cosa bevete ragazzi?”

Feci l’incomprensibile ed insano gesto di prestargli la mia Vespa. Prima di partire verso Loiano mi assicurò: “Tu mi conosci, sai dove abito. Se domani a mezzogiorno la Vespa non è parcheggiata sotto casa tua, chiama pure i Carabinieri”. Il giorno dopo ovviamente non c’era, e verso le sei di pomeriggio riuscii a rintracciarlo al telefono:
- Lolli, scusa sai, ma sono rimasto a piedi, la Vespa non va.
- Come non va? L’ho presa fuori da Simoncelli l’altra settimana…
- Non va… ho anche cambiato due volte le candele, ma non va.
- Ma hai fatto miscela?
- Sì ho fatto il pieno… anzi forse è stato quello, gli ho messo solo la benzina, senza l’olio…
- Allora per favore mettici un po’ d’olio e vieni qua.
Quando arrivò si fece dare diecimila lire per le candele.
La sera in cui c’era la prima TV del film The Wall su Italia Uno alle 23, suonò il campanello verso le 20. Aprii, ed il Gatto entrò. Incurante dei miei genitori si sedette sulla poltrona abituale di mio padre, e l’unica cosa che disse fu:
- Quando comincia The Wall?
- Alle undici.
- Ah allora andiamo ad ascoltare un po’ di musica.
Non ricordo come me ne liberai.

Una notte verso le tre si attaccò al campanello di casa. All’epoca, quando dormivo, DORMIVO e non me ne accorsi. Mio padre si affacciò, e il Gatto gli disse “Sono il batterista di Riccardo, mi servirebbe la Vespa che devo andare a Firenze”
Un'altra sera lo pedinai fino a casa mia, e lo osservai tentare di scassinare il garage per prendere la mia Vespa. Si era proprio affezionato.

Una delle ultime volte che ne sentii parlare da vivo fu un pomeriggio in cui arrivai alla sala prove di Loiano, solitamente chiusa con serratura di sicurezza. Trovai il portone semiaperto, tenuto socchiuso da una serie di fili elettrici arrotolati alle maniglie, ed un pezzettino di portone grattugiato via in basso. Dentro non c’era nessuno, non era stato rubato nulla; solo la misteriosa presenza di una saponetta posata su uno scaffale. Chiamai Mario, che a seguito di breve indagine ricostruì l’accaduto: la sera precedente il Gatto si era fatto aprire da suo fratello Ruggero per poter suonare da solo la batteria. Un cane lupo randagio l’aveva seguito. Alcuni ragazzi del bar li avevano visti entrare, e chiusero dentro cane e Gatto legando fili elettrici stretti alle maniglie. Il cane, terrorizzato dalla batteria, raspò e addentò il legno per ore fino ad aprirsi un varco per fuggire. Il Gatto, accortosi dello scherzo dopo ore di rullate, essendo magrissimo riuscì a passare dalla fessura ottenuta facendo un po’ di forza sulle ante. Nulla sappiamo riguardo la comparsa della saponetta.

1 commento:

  1. Io lo vidi solo una volta allo Stuzzichino, c'era ancora il Grillo's. Non ho mai capito come facesse a stare in piedi in quelle condizioni.

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