lunedì 20 febbraio 2012

Organizatsya

Entrai nel minuscolo bar. Sapevo che non avrei dovuto farlo, son quei momenti di improvvise derive e sprezzo del pericolo. Io che non metto mai piede nei negozi di abiti, negli apple store, perché non sopporto l’incontro ravvicinato con i commercianti. Vado alla grande nei centri commerciali, dove se ho bisogno di uno che mi illustri la differenza tra 60 hz e 100 hz negli schermi LCD devo aspettare almeno venti minuti, poi ne sa meno di me. Prendo la merce, non cago la cassiera, anche se è bella, le porgo la tessera perché sono fidelizzato, pago e torno a casa senza dialoghi.
Le parole più odiose dell’intera fraseologia umana passata e presente sono “desidera?”, “posso aiutarla?”, “cerca qualcosa?”. Ma porca $%£#@§, sono venuto qua per rovistare tra i cd per un’oretta poi svuotarmi il portafoglio come faccio in tutti gli altri negozi, cos’è questa, una boutique d’inizio secolo? Mi fai guardare se c’è qualcosa dei Focus che non conoscevo? Oppure li tieni nascosti?
Va bè insomma, sono in quella zona mai visitata, ho fatto tardi a lavorare ed sono già le 13. Per stavolta lasciamo perdere il kaiten sushi, c’è questo bar piccolissimo ma dalla vetrina si possono vedere chiaramente dei tramezzini enormi traboccanti di uova e funghi e col prezzo altrettanto leggibile di € 1,50. Soccia.
É veramente piccolo questo bar: al di là del bancone c’è spazio solamente per un tavolino rotondo alto e per un frigo pieno di birre, e la barista incinta ingombra anche psicologicamente. Approccio non esuberante accettabile, cortesia distaccata, le chiedo prima uno con le uova, che goduria. Poi un altro coi gamberoni, insalata, salsa rosa e un po’ di scorzine di limone: meraviglioso.
Sono a metà del secondo tramezzino quando entra un tipo basso e nerboruto con giacca di pelle marrone, e con sguardo inespressivo dice alla barista qualcosa di incomprensibile in un accento decisamente sovietico. La barista chiede “come?” ma il tale si gira ed esce.
Non riesco a finire il tramezzino: torna dentro quello di prima insieme ad un altro quasi uguale, ma stavolta con una foga che in due passi sono già dietro al bancone e assalgono la barista incinta, uno tenendola stretta con un braccio intorno alla gola, e l’altro gridando in russo. Lei balbetta sputazza e tossisce “non so niente, non capisco”, cerca di gridare, ma le mollano due smanarversi in faccia, poi quello che la tiene estrae un coltello enorme. Io in effetti mi cago un po’ addosso, vorrei scappare ma sono paralizzato.
Eh insomma oggi va così, le tagliano la gola poi la buttano di là dal bancone, ed il corpo piomba a terra davanti ai miei piedi. Solo allora si rendono realmente conto della mia presenza, e mi guardano negli occhi parecchio male.
Mi risveglio improvvisamente e gli faccio “YEAH!” sorridendo con entrambi i pollici alzati. Poi gli dico “I get up and nothing gets me down, I like to jump and then go round and round”, tanto non capiscono niente, mollando un potente calcio nelle gambe del cadavere. “Might as well JUMP!”, poi lascio 3 euro sul tavolino ed esco, mentre i due mi guardano basiti e pietrificati.
Quella voltà lì mi andò fatta bene, ma d’ora in poi solo kaiten sushi.

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