venerdì 22 maggio 2020

Libracci

Bologna, 15 maggio 2020. Alle porte della fase 2, munito di autocertificazione un po' fittizia, per la prima volta dopo due mesi e mezzo di lockdown appenninico prendo il treno (dentro siamo in tre più due ferrovieri), fuoriesco dal mio comune di residenza scendendo a Bologna, mi incammino verso il centro poi entro in un negozio, quello che consideravo meno ostile: il Libraccio in via Oberdan, l'ex Nannucci per intenderci. 

Mi affaccio tra le barriere antitaccheggio per controllare quante presenze all'interno: la cassiera, alle prese con un cliente, mi dice di attendere un attimo. Torno fuori sui miei passi, dietro di me si accoda un signore in attesa. 

Per guadagnare tempo mi spaciacco le mani col gel disinfettante, la mia sensazione è sempre quella di rendermi le mani più zozze di prima, ma è una cosa mia. A breve il cliente alla cassa esce, quindi entro con discreta sicumera. 

La cassiera esce dalla postazione per dedicarsi a me, e non potendo vedere la sua mezza faccia mascherinata intendo solo il tono: 
- Allora, come prima cosa ci vuole la mascherina. 
Mi accorgo di non averla rimessa dopo la lunga camminata per tutta via Indipendenza, ops, dico, ce l'ho qua. 
- Poi bisogna disinfettarsi le mani. 
- Già fatto, grazie. 
- E per finire, c'era prima il signore. 
Indicando quello dietro di me. Mi giro e per sicurezza faccio per chiedere scusa, ma il signore mi interrompe dicendo no no prego, c'era prima lei.

Insomma mi hanno trattato di merda; così sono stato dentro con comodo ad estrarre e ponderare vinili, a chinino con l'ingombrante borsello sporgente dalla schiena per vedere i cd nelle file in basso, a scorrere i titoli dei bluray e a sfogliare libroni di grafica, fumetti e arte contemporanea, cioè sono stato lì a rompere i coglioni un'ora e un quarto poi sono uscito senza aver comprato niente.

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